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    L'Italia sta vivendo una crisi storica, con numeri peggiori di quella del '29. Ad affermarlo, il primo ottobre, è stato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan: «In termini cumulati la caduta del Pil è superiore rispetto a quella verificatasi durante la Grande depressione».
    «SPIRALE DI STAGNAZIONE». Il ministro ha aggiunto: «L'area dell'euro è a un bivio», con i Paesi che in assenza di interventi «rischiano di avvitarsi in una spirale di stagnazione e deflazione».
    L'Eurozona e l'Italia vivono una «ripresa fragile», ha scritto Padoan nella nota di aggiornamento al Def. Una debolezza «di carattere strutturale che è in parte la conseguenza dei danni provocati dalla recessione profonda e persistente degli ultimi anni».
    «MINACCIATA LA RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE». Per il ministro «occorre muovere con decisione su più fronti nella consapevolezza che in assenza di una ripresa robusta la tenuta del tessuto produttivo e sociale risulterebbe a rischio, la ricchezza delle famiglie minacciata, le prospettive dei giovani compromesse».
    Parlando del Jobs act, Padoan ha garantito che «la rete di ammortizzatori sociali verrà rafforzata e resa più inclusiva. Le imprese potranno gestire in maniera più efficiente l'attività produttiva reagendo con maggior prontezza alle evoluzioni cicliche».

    fonte lettera 43


    Secondo quanto riportato nell'aggiornamento del Def, la legge di Stabilità può contare su una 'dote' di circa 11 miliardi (in deficit) da usare prima di tutto per tagliare le tasse, ottenuti grazie ai margini di flessibilità già contenuti nelle regole Ue e che il governo intende sfruttare fino in fondo. Ma anche di quasi 6 miliardi risparmiati sugli interessi sul debito grazie al calo dello spread.
    PAREGGIO RINVIATO AL 2017. Il documento, che termina con dettagliatissime risposte ai rilievi Ue, fa slittare il pareggio di bilancio al 2017 e punta sui tagli di spesa. Ma, per rassicurare i 'guardiani' di Bruxelles, anticipa una clausola inserita nella legge di Stabilità a garanzia degli obiettivi: una stangata che si punta a evitare ma che vale 12,6 miliardi sul 2016, 17,8 miliardi nel 2017 e 21,4 miliardi nel 2018.
    Il governo punta tutto su un mix di interventi per rilanciare investimenti, occupazione e quindi la crescita. Per questo la manovra per il prossimo anno ha bisogno di essere espansiva e sfruttare appieno i margini di flessibilità per attuare «un ambizioso pacchetto di interventi strutturali» (con le riforme che dovrebbero portare nel lungo periodo 8,1 punti di Pil) per tornare «su un sentiero sostenuto di crescita».
    IL DEFICIT SALE DEL 2,2 TENDENZIALE NEL 2015. Per il 2015, invocando le «circostante eccezionali» il governo lascia quindi salire il deficit dal 2,2 tendenziale al 2,9 programmatico (0,7 punti, circa 11 miliardi appunto) con la «volontà di finanziare impegni di spesa nei settori ritenuti più rilevanti per la crescita e ridurre la pressione fiscale per famiglie e imprese».
    Il calo delle tasse è una delle principali misure della prossima legge di stabilità, che dovrebbe attestarsi tra i 20 e i 22 miliardi di euro.
    Per il calo della pressione fiscale servono all'incirca 10 miliardi (7 per confermare il bonus degli 80 euro e altri 2 circa per la nuova riduzione in favore delle imprese). Il menù include poi, l'allentamento del patto di stabilità interno (per 1 miliardo), risorse per la scuola (1 miliardo) e per i nuovi ammortizzatori sociali (1,5 miliardi).
    TRA I 4 E 5 MLD DI SPESE INDIFFERIBILI DA COPRIRE. Ci sono inoltre da coprire le spese indifferibili (tra i 4 e i 5 miliardi) e 3 miliardi per evitare il taglio lineare degli sconti fiscali, 'eredità' del governo Letta. Oltre a un aggiustamento dei conti, ridotto rispetto alle attese in virtù dello slittamento del pareggio di bilancio al 2017 (è prevista, si legge nel Def, una «variazione positiva saldo strutturale di 0,1 punti percentuali di Pil», circa 1,5 miliardi).
    Il debito, infine, nel 2014 è destinato a salire al 131,6%, 3,7 punti in più rispetto al 2013: a pesare sono meno privatizzazioni (ci si ferma a 4,8 miliardi contro i 10 stimati) ma anche un aumento del «disavanzo di cassa», cioè del fabbisogno, di 0,7 punti. Questo nonostante nei primi 9 mesi sia migliorato di 7,7 miliardi rispetto al 2013.
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