Tutta un'altra storia rispetto a Ciro Ferrara. Lui si trovò la Juve fra le mani per traghettarla nelle ultime due giornate del dopo-Ranieri senza aver mai maturato esperienze in panchina. Per Conte, invece, il discorso è completamente diverso: ha già dimostrato polso e personalità nel comandante una nave. E poi l'ex centrocampista ha passato una vita a Torino con la maglia juventina sulle spalle. Tredici anni, dal 1991 al 2004, in cui ha collezionato 419 presenze (di cui 296 in serie A) e realizzato 44 gol (di cui 29 nella massima serie) e ha vinto 14 trofei vinti: cinque scudetti, una Champions League, una coppa Uefa, una Supercoppa Europea, quattro Supercoppe Italiane, una coppa Italia e l'Intercontinentale. E' il 21° allenatore della Juve con un passato da calciatore a strisce bianconere, e molto probabilmente gli verrà proposto un contratto biennale da due milioni di euro circa. D'altronde lui stesso l'aveva detto nel 2008: 'Se entro tre o quattro anni non sarò arrivato ad alti livelli smetterò'. Ventiquattro mesi dopo quella fortissima delusione e il no di Blanc, il suo destino e quello della Signora si incrociano di nuovo.
Il 4-4-2 in grado di trasformarsi in 4-2-4 in fase di attacco è il suo credo, ma sa adattarsi. Le uniche certezze sono il gioco d'attacco e il suo carattere focoso, quest'ultimo forse il difetto più difficile da smussare: qualche espulsione di troppo, qualche litigio evitabile e qualche conferenza stampa infuocata con sfoghi fuori luogo annessi. Lo specchio della sua indole? Il litigio con i tifosi dell'Atalanta. Ma è un Conte decisamente maturato rispetto a quello visto a Bergamo, ed è proprio da lui che la Juve ha deciso di ripartire per rinverdire i fasti che furono. Proprio dal capitano di mille battaglie, il trascinatore e il maniaco del lavoro. L'hanno invocato a squarciagola i tifosi, l'hanno scelto Andrea Agnelli e Pavel Nedved, due che hanno il bianconero nel dna. Ora tocca a lui ripagare questa fiducia.