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Come complicarsi la vita

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    Il Chievo, a Bologna, poteva fornirsi di un ulteriore coperta con cui affrontare l’inverno. Perché ora lo attendono Parma, Lazio, Juventus e Inter. E uscire dal Dall’Ara con 4 gol sul groppone non è esattamente il miglior modo d’incamminarsi verso il mese e mezzo più duro del campionato. Ci sono colpe singole e collettive. Se c’era bisogno di un’ulteriore prova, Vacek ha dimostrato di non saper andare oltre il compitino: a volte si limita a quello, altre fa pure peggio, ed è questo il caso, si veda come perde Kone sull’angolo da cui nasce l’1-0. Théréau può diventare un ottimo giocatore, ma finché non la pianterà con le mollezze da vanesio la sua dimensione resta quella dell’eterna promessa: vedi il pallone sciaguratamente perso a centrocampo da cui nasce il raddoppio rossoblù. Ronfano in tanti (di certo, Cesar) sul corner del 3-0, ed è la regola: palla inattiva, il Chievo va in acqua. Il quarto gol può anche essere tralasciato, largo merito a Gabbiadini. La colpa collettiva è l’aver ceduto con troppa facilità alla fame di un Bologna che, si sapeva da tempo, in casa non sbaglia le partite da non sbagliare. Pioli è stato bravo a mettere Kone fisso su Luca Rigoni, togliendo ossigeno al primo possesso pandorato. E a presentare un Bologna consapevolmente sfrontato, con quattro uomini d’attacco (un po’ come il Toro di Ventura): atteggiamento che ha messo in evidenza le lacune del Chievo, che ha ceduto metri di campo senza, a bilanciare, saper essere incisivo in contropiede con Stoian. L’infortunio di Guana ha fatto il resto, con Corini a cambiare tre moduli in 90 minuti: 4-3-2-1, 4-2-3-1, 4-3-1-2. E’ una sconfitta che non deve sorprendere: il Chievo non sa (e non può) essere sempre il meccanismo pregiato visto con Genoa, Cagliari e Roma. L’insegna la storia recente che ai picchi corrispondono drastiche cadute. Se non altro, Bologna aiuta tutti a tornare sulla terra dopo un mese e più di soddisfazioni: anziché guardarsi indietro, conviene guardare al calendario, cioè avanti.


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